Castello

Nel periodo di dominazione aragonese, Calopezzati poteva annoverare uno dei più potenti e temuti castelli della costa jonica calabrese.

I principi Sanseverino, succeduti ai Ruffo, ne rafforzarono ulteriormente la struttura e lo trasformarono in un'autentica piazzaforte difensiva. La cinta muraria del paese fu ristrutturata secondo le nuove esigenze difensive, in particolare furono aperte "feritoie" lungo di essa e a breve distanza tra loro. Furono edificate parecchie "torri di guardia" in vari punti del feudo e fu costruita una strada di "circonvallazione" di cui già nell'Ottocento "pochi tratti resta(va)no ancora" perché "gli abitanti l'occuparono con fabbriche", cioè con costruzioni (case, magazzini, ricovero per animali, etc.).

IL CASTELLO
 
  1. Il castello di Calopezzati nasce a metà dell'XI secolo come fortezza bizantina a base quadrangolare, con funzioni di presidio e di difesa del paese che, successivamente, i Normanni dotarono di alte mura.
Durante la dominazione sveva, l'antica fortezza bizantina è trasformata in castello: viene ampliata la base quadrangolare e rafforzata da quattro torri quadrangolari nonché abbellita da merlatura ghibellina. Al periodo svevo risale la bellissima bifora gotica che guarda all'interno del cortile e una quadriforra ogivale che si apre sulla parete esterna del castello in direzione ovest.
 
 Le prime attestazioni documentali del castello di Calopezzati risalgono all'età della dominazione angioina. Giovanni Caputo succede al padre Riccardo, nel 1272, nel dominio feudale di Calopezzati. Lo storico Aldimari riprende la notizia con un'aggiunta di particolare valore: Giovanni Caputo è "signore del castello di Collepezzuto", dove castello sta ad indicare non solo la dimora, appunto il castello, ma anche il feudo. Anche n altro, il De Lellis, afferma a proposito di Gualterello Caputo che subentra nella "possessione del castello di Calopezzato in Calabria" attorno al 1330.
Il castello non fu dunque fondato dalla famiglia Ruffo come vuole buona parte della letteratura storica. Forse fu restaurato da Covella Ruffo nel periodo del suo dominio baronale di Calopezzati (1390-1430), come ha di recente ipotizzato D. Rotundo affermando che il restauro del castello sia stata opera dell'architetto Marco Ruffo.

 

I principi Sanseverino dotarono il borgo di Calopezzati di due grandi porte d'ingresso: la cosiddetta "Porta Grande" che dà accesso al castello e un'altra, d'ingresso nel borgo, denominata la "Portella", controllata da un posto di guardia.
La grande porta che conduceva al castello - costituita da due alte colonne laterali poggianti su di una piattaforma "piana" e congiunte da un ampio arco - era controllata da un corpo di guardia; al suo centro "si era costruita una pietrera" di grande calibro per contrastare in modo efficace eventuali assalti frontali.
In occasione della congiura dei baroni (1487), in cui era coinvolto il principe Gerolamo Sanseverino, feudatario di Calopezzati, il re di Napoli ordinava al suo luogotenente del re in Calabria, Lull Raimondo, di assaltare Calopezzati e il suo castello. Fu possibile far capitolare il castello grazie all'impiego di una speciale bombarda procurate da Lull a Crotone.
Nel corso del Cinquecento, i baroni succeduti nel governo di Calopezzati - gli Abenante, i Campolongo e gli Spinelli - non dimorarono nel castello; non sono tuttavia mancate innovazioni: sono ancora osservabili elementi di architettura tardo-quattrocentesca e rinascimentale che testimoniano un interesse estetico e artistico nuovo: ne è esempio il camino monumentale - scolpito in tufo - voluto da Giuseppe Vespasiano Spinelli nel 1597 per abbellimento della sala degli arazzi, bellissima, alta e maestosa, costruita con enormi travi di quercia, ora annerite dal tempo. Par di vedere, nel grande camino antico, dietro gli alti alari di ferro, crepitare e scoppiettare un fuoco di ceppi.
L'acquisto del feudo di Calopezzati, nel 1608, da parte di Giovanni Michele Mandatoriccio, utroque iure doctor e uomo emergente della ricca borghesia commerciale rossanese, segna indubbiamente una svolta nella storia del paese e del suo castello. Negli anni 1608-1611 il Mandatoriccio provvede al restauro accurato del castello, che elegge a sua signorile e stabile dimora.

 

Del castello si serve anche l'università di Calopezzati per le riunioni del Consiglio degli eletti, e rimane centro di uffici amministrativi di civile utilità: per processi civili e penali, per la stipula di atti, transazioni, dichiarazioni, compravendite, contratti di varia natura.

Alle ingenti spese del restauro partecipa anche la municipalità cittadina con un contributo di 700 ducati, una somma enorme per quei tempi.
Uno dei successori di Giovan Michele, forse Teodoro, fa costruire un bellissimo portale d'ingresso al giardino del castello, prospiciente la piazza del paese, in stile barocco: al sommo dell'arco è collocato un grande stemma in pietra con le armi dei Mandatoriccio, nel frattempo divenuti duchi del Regno di Napoli.
 Nel castello esisteva un apposito locale per la custodia della polvere da sparo. Lo sappiamo da un ordine del viceré Don Alvaro Perez de Losada che imponeva al tesoriere e al luogotenente di Cosenza di consegnare, dietro quietanza, al sindaco e reggimento dell'Università di Calopezzati un "cantaro" di polvere da sparo.



 Il rifornimento, imposto dalla Regia Curia, ha due obiettivi: a) mantenere l'Università e gli uomini di Calopezzati sempre preparati per eventuali assalti turcheschi. Calopezzati pochi anni prima, nel 1622, fu assaltata e bruciata da uno di questi attacchi; e b) rifornire le compagnie di transito verso Crotone delle munizioni necessarie. La sistemazione delle compagnie di fanti di transito avveniva, per Calopezzati, nei locali che all'epoca si affacciavano nell'odierna piazza di S. Francesco.
Nel corso del Settecento, la cosiddetta Porta Grande d'ingresso al paese continua ad esser protetta, come già al tempo dei Sanseverino, da apposita bombarda di grosso calibro.
I Sambiase, nuovi baroni di Calopezzati, principi di Campana e duchi di Crosia, proseguono l'azione dei Mandatoriccio, nell'opera di abbellimento del castello. È il principe Felice Nicola ad abbellire artisticamente la sala della biblioteca del castello e l'annessa chiesa dell'Addolorata.


Nel 1735 re Carlo II di Borbone giunge in visia a Calopezzati e pernotta nel castello. Ecco cosa riporta una cronaca dell'epoca: "Si lascia in memoria, come alli 28 di gennaio 1735 venne in questa città di Rossano il nostro Re Carlo Infante di Borbona che passò nel Regno di Sicilia. La presa della cittadella col seguito di 1200 persone fra cavalieri, et altri di seguito. Ricevuto l'omaggio ufficiale di Calopezzati si ritirò in castello. L'indomani, domenica 30, ascoltava la Messa, ricevuto in dono dal Duca di Roggiano Sambiase, congiunto del Principe di Campana, un bel cavallo di sella, uscito brevemente a caccia, si mosse per Cariati".

Nell'Ottocento il castello conosce un progressivo abbandono e degrado.

Fra Daniele da Fuscaldo, riformato francescano, in una cronaca rimasta manoscritta dice così dice di calopezzati e del suo castello: "Calopezzati è Patria fabbricata su d'un montetto spazioso tanto appunto, quanto è in grandezza essa Patria, che contiene forse mille abitanti. Ha bensì un mediocre Castello; ed era murata per ogni banda, ma oggi quasi tutta consunta".

Il terremoto del 22 aprile 1836 si abbatte particolarmente su Chiesa e Castello: i danni sono ingenti. Nel frattempo il castello dai Sambiase passa nella proprietà dei duchi Messanelli, di Napoli, e successivamente, nel 1935, ai conti Giannone di Acri, a tutt'oggi proprietari.